Un giorno nel Golfo di Taranto arrivò una balena. Una balena vera. Più precisamente, si trattava della prima balena della specie “Franca Boreale” mai comparsa nel Mediterraneo. Era il 9 febbraio del 1887 e la reazione che ebbero i tarantini di allora non fu molto diversa da quella che coglie voi adesso: incredulità.

Il primo pescatore ad avvistarla la scambiò inizialmente per una barca rovesciata. Solo avvicinandosi capì che era un cetaceo che avanzava verso la costa di Taranto.

L’insolita notizia si diffuse in un attimo: tantissimi tarantini si precipitarono lungo corso Vittorio Emanuele II per fare conoscenza con l’inaspettato ospite, altri si armarono fino ai denti e andarono alla ricerca di barcaioli che li potessero condurre per mare a difendere la città.

I Tarantini alla prese con la balena

Prima di proseguire la lettura, consideriamo due cose:
1) all’epoca dei fatti non si sapeva che la balena fosse un animale pacifico… i tarantini interpretarono il suo arrivo come l’attacco di un mostro marino;

2) sul finire dell”800 la sensibilità ambientalista non era sviluppata come oggi. I primi dibattiti sulla necessità di tutelare l’ecosistema e le specie animali emersero solo negli anni sessanta e i tarantini di allora erano sprovvisti, per motivi storici e culturali, di una spiccata coscienza ambientalista.

L’ignoranza è la madre della paura.
Herman Melville, Moby Dick

La paura spiega, ma non giustifica, il trattamento che i nostri antenati riservarono al povero cetaceo: circondato da 30 barche, fu bersagliato da colpi di fiocina, di rivoltella, e poi da candelotti di dinamite che lo stordirono e ferirono gravemente.

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Gli attacchi alla balena di Taranto

Leggere la testimonianza di Francesco Gasco intitolata “Intorno alla balena presa in Taranto”, a cui questo articolo si ispira, è stato come ripercorrere la drammatica sfida del Capitano Achab a Moby Dick, il colosso marino metafora dell’ignoto, dell’estraneo.

Anche la balena di Taranto, come Moby Dick, divenne oggetto di un’ossessione, di un’inquietante suggestione. I tarantini non avevano mai avuto a che fare con una creatura di quelle proporzioni, e ben poco sapevano sul suo conto. Ai loro occhi, non era che un essere enorme e pericoloso da annientare a tutti i costi.

libro balena di tarantoCatturarla significava dimostrare le proprie virtù eroiche: non è un caso che l’autore descriva minuziosamente le azioni dei cittadini nel soggiogare la creatura, celebrandone l’audacia. I loro attacchi al mammifero sono prodezze, imprese temerarie, atti di grande coraggio.

Ormai esausta per i ripetuti assalti, la balena si arenò e morì a mezzanotte dello stesso giorno.

Lo scheletro della balena di Taranto

Dopo la morte, il cetaceo fu esposto per parecchi giorni in un baraccone appositamente costruito, dietro pagamento di un biglietto. Migliaia furono i visitatori che accorsero da tutta la Puglia.

I resti del mammifero furono poi acquistati dall’Università di Napoli e trasferiti, nel 1950, nel Museo Zoologico. Lo scheletro della Balena Franca Boreale è tuttora un reperto di notevole importanza storica e scientifica, essendo, nel Mediterraneo, l’unico esemplare musealizzato.

Quella della balena di Taranto è la storia di un pericolo frainteso, della cecità di una (macabra) conquista.
Fortunatamente i tempi sono cambiati e oggi la balena non è considerata un nemico dell’uomo, neppure a livello simbolico. Ci si preoccupa, anzi, per la sua estinzione, si studiano i suoni da essa prodotti per comunicare con i suoi simili (il cosiddetto “canto delle balene”), si firmano petizioni per difenderla da possibili minacce.

Resta questo un triste capitolo della storia di Taranto e dell’umanità, di cui tutti dovrebbero essere a conoscenza, non fosse altro che per dare un senso agli errori di chi ci ha preceduto.

Fonti Bibliografiche:
“Intorno alla balena presa in Taranto”, di Francesco Gasco

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