Avete presente la dea più bella dell’Olimpo, quella nata dalla spuma del mare e spinta da Zefiro sulle sponde dell’isola di Cipro? Sì proprio lei, quella raffigurata da sommi artisti tutta ignuda e fluttuante su una conchiglia di madreperla… beh, dimenticatevela.
Quella di Taranto è una dea guerriera, pronta a scendere in campo e a sguainare la spada con la stessa intraprendenza di Gengis Khan. Altro che conchiglia: l’Afrodite di Taranto è un’Afrodite Armata. Questa frase merita un bold: l’Afrodite di Taranto è un’Afrodite Armata.
L’episodio che mi accingo a narrarvi spiega le origini del culto di Afrodite a Taranto traendo spunto da un passo di Lattanzio e da un epigramma di Leonida. Roba seria, mica pizza e fichi.
Eppure, vi assicuro che questo racconto sarà in grado di stupirvi come mai prima d’ora, non solo per la versione inedita di Afrodite che ne emerge, ma anche per il suo carattere audace e “licenzioso”: preparatevi a risvolti degni della trama di Eyes Wide Shut. Lettura consigliata ad un pubblico adulto.
Le origini del culto di Afrodite: la guerra tra Spartani e Messeni
Per capire da dove deriva l’introduzione a Taranto del culto di una Afrodite guerriera, dobbiamo risalire a un fatto storico legato strettamente alla fondazione della città.
Guerra Sparta-Messene. Gli Spartani posero sotto assedio Messene e giurarono solennemente di non far ritorno in patria prima di aver conquistato la città.
Quando la guerra terminò, 19 anni dopo, gli Spartani trovarono una novità: una banda di ragazzi, i cosiddetti “parteni”, nati dall’unione delle vergini con uomini che non avevano prestato giuramento, e che erano stati rispediti a casa dal fronte con il preciso compito di procreare durante la loro assenza.
Questi parteni (cioè “partoriti dalle vergini”), saranno gli stessi che, sotto la guida di Falanto, fonderanno a Taranto una nuova colonia.
Afrodite e il coraggio delle donne Spartane
Cosa c’entra tutto questo? Narra Lattanzio che, durante una battaglia, i Messeni uscirono di nascosto dalla città assediata con l’intenzione di saccheggiare Sparta, approfittando dell’assenza degli uomini, tutti impegnati al fronte.
Ma non avevano fatto i conti con le intraprendenti donne spartane che, armate di tutto punto, li respinsero con coraggio e uscirono dalla città per inseguirli.
I soldati Spartani, nel frattempo, si accorsero dell’inganno e si affrettarono in soccorso delle fanciulle. Tuttavia, quando videro le donne armate, le scambiarono per nemici.
Le donne, impaurite, si denudarono per farsi riconoscere, suscitando l’eccitazione dei soldati che, con tutte le armi indosso, così come si trovavano, si unirono promiscuamente a loro, “senza preoccuparsi di distinguerle” (sì, il virgolettato è l’espressione letterale usata da Lattanzio).
In memoria di questo singolare e memorabile episodio, gli Spartani innalzarono un tempio ed una statua ad Afrodite armata (Lattanzio Inst. I 20,32).
Il culto di Afrodite a Taranto
È verosimile credere che i giovani partiti da Sparta abbiano poi portato nella nuova colonia a Taranto il culto di questa divinità, considerandola loro protettrice.
E, in effetti, da un passo di Quintiliano (Inst:Or.II,4,26) sappiamo che Afrodite era venerata in tutta la Laconia, ma solo a Taranto assunse il duplice carattere di divinità fecondatrice e guerriera.
Notizie di questa “doppia natura” della dea si rintracciano anche in un epigramma di Leonida (Ant. Plan. 171), che sembrerebbe fare esplicito riferimento al fatto narrato da Lattanzio… tanto per fornire un’ulteriore prova agli scettici:
Queste sono armi di Marte, perché le indossi tu Citerea? Inutilmente ti sei caricata di questo peso; nuda Marte stesso hai disarmato! Se così hai vinto un dio, perché ti armi inutilmente contro dei mortali?
(Leon. Ant.Planudea, 171)
NB: Citerea è un appellativo di Afrodite.
Il ritrovamento dell’ara di Afrodite a Taranto
Nella Taranto magno-greca, Afrodite era dunque raffigurata armata di lancia. Ma cosa ci rimane di questa tradizione?
Nel 1760 circa, nei pressi della chiesa di Sant’Agostino in città vecchia, furono rinvenuti i resti di un tempio dedicato ad Afrodite.
Data la profondità del ritrovamento, si riuscì a recuperare solo un’ara in marmo con un bassorilievo di Afrodite, raffigurata mentre regge con la destra una lancia, e con la sinistra un pomo.
Di questa ara, ora custodita al Museo di Copenaghen, abbiamo l’accurata descrizione del Carducci nel commento al libro primo delle Delizie Tarantine di Tommaso D’Aquino:
L’ara ha l’altezza di palmi tre e un quarto, e larghezza di due, con un festone di mirto che la cinge intorno nel lembo superiore, che nei quattro angoli termina in una testa di ariete. Alle quattro facce ci sono quattro bassi rilievi. Uno rappresenta appunto la dea armata d’asta, e con la palma sinistra stretta al seno sostiene il pomo, ed ha un amorino alato sull’omero sinistro in atto di porle sul capo un serto di mirto.
Afrodite o Persefone?
Ricapitolando, sotto la Chiesa di Sant’Agostino, vi sono i resti del tempio dedicato alla dea armata; al momento della scoperta, non fu possibile recuperare altro che un’ara con un bassorilievo di Afrodite, reperto oggi conservato nel museo di Copenaghen.
Al MarTA di Taranto esiste tuttavia una bellissima “Testa di Afrodite”, statuine e altre sue immagini su terrecotte e vari oggetti domestici, a testimoniare l’effettiva esistenza di un culto nei confronti della dea della fertilità.
E Afrodite potrebbe essere anche la statua ormai nota come “Persefone Gaia”, proveniente da Taranto ma custodita all’Altes Museum di Berlino.
Che si tratti di una Afrodite è stato sostenuto con validi argomenti dal profossor Angelo Conte (Corriere del Giorno – 12 giugno 2011), sulla base dell’abbigliamento e della acconciatura.
Sia o meno Afrodite, quel che è certo è che gli Spartani elevarono questa divinità a immagine delle loro donne, che sconfissero in battaglia i Messeni con invidiabile senso del dovere e tenera sconsideratezza.
Foto dei dipinti di Botticelli tratte da Wikipedia
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