Efesina era una donna Tarantina di straordinaria bellezza, un’etera scaltra e sensuale. Le donne di Taranto sono sempre state rinomate per la loro avvenenza, e la protagonista di questa storia non fa eccezione. Ma, vi avvisiamo, si tratta di una storia triste. Il suo fascino magnetico e la consapevolezza che gli uomini avrebbero fatto follie pur di compiacerla la resero capricciosa e frivola, e causarono la sua prematura fine.
Efesina, la giocatrice di cuori
Efesina era maestra di baci e abile seduttrice. Nata da madre greca e da padre tarantino, aveva purissimi lineamenti da ellena, misti alla morbidezza procace delle partene. La sua casa era piena di statue e monili, dono segreto dei suoi tanti amanti.
Per descriverne il carattere civettuolo e opportunista, citiamo ciò che ci racconta il Criscuolo in una delle sue iscrizioni epigrafiche. Un ammiratore, Filonide il Vecchio, nel tentativo di convincerla a danzare per lui, disse:
“Avrai in cambio mille monete d’oro, una statua e, come sempre, il mio amore”.
E lei: “Le monete e la statua, dell’altro non so che farmene”.
I Tarantini contro Efesina
Presto i Tarantini di più rigida moralità mostrarono insofferenza verso la tarantina ammaliatrice. Tutto ebbe inizio quando giunsero a Taranto i Romani conquistatori. Pare che l’etera offrì la sua maestria al nemico vincitore e che i tarantini, con l’accusa di tradimento, la lapidarono nella pubblica piazza.
Secondo un’altra versione, Efesina fu punita perché si prese gioco del popolo tarantino radunato nel tempio dorico per fare sacrifici in onore del dio Nettuno in vista della battaglia contro i Romani.
“Nettuno, Dio cui consacrammo il tempio più maestoso della Magna Grecia, noi ti invochiamo propizio”.
Durante la cerimonia religiosa, la donna stava addossata a una colonna del tempio insieme ad uno dei suoi amanti, e non riuscì a trattenersi dal beffarsi dei concittadini. Quel riso fra il motteggio e l’ironia fu notato da Atace, un vecchio austerissimo che avvertì i circostanti: era da donne come Efesina che nasceva la mollezza di Taranto.
A quel monito, tutti i presenti si infiammarono e si mossero per cacciarla dal tempio. L’etera fu sollevata di peso, portata fuori e colpita ripetutamente.
Dei suoi amanti, nessuno la difese o ne recuperò il corpo abbandonato nella piazza.
L’amore segreto di Carbulo
Durante la notte, un uomo avanzò guardingo e si accostò al cadavere. Lo avvolse in un grande tappeto di porpora e se lo portò sulle spalle. Costui era Carbulo, il suo schiavo da 10 anni. Amava in segreto la sua signora, sopportandone i capricci e soffocando la propria gelosia.
Trasportò il corpo di Efesina in un luogo sicuro, sulle sponde del Galeso, scavò una fossa e ve l’adagiò con la promessa di tornare al più presto. Tornò il giorno dopo e preparò una degna sepoltura. La baciò più volte e poi ricoprì la tomba con l’argilla del Galeso, piangendo il suo unico amore con amare lacrime.
Così si conclude la leggenda di Efesina, i cui costumi dissoluti portarono al disprezzo pubblico e alla morte. Eppure, l’etera resta nella memoria collettiva come una donna spregiudicata e ribelle, libera e insofferente a ogni forma di ipocrisia. E non è un caso che nell’arte pittorica venga spesso rappresentata con atteggiamento provocante e di sfida.
“Le donne di Taranto” di Domenico Selliti
“Rassegna Pugliese” di A. Criscuolo
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