“La Giovane Tarantina” è una statua in marmo del 1871 realizzata dallo scultore Alexandre Pierre Schoenewerk e ispirata all’omonima poesia del francese André Chénier. La potete ammirare in una sala del Museo d’Orsay di Parigi, circondata da osservatori rapiti, silenti, quasi timorosi di violare il sonno eterno della fanciulla adagiata sulla roccia.

Non è la prima volta che la bellezza nostrana viene celebrata da sommi artisti: vi abbiamo già raccontato in questo articolo sulle donne tarantine che la letteratura è piena di esempi che le rappresentano come esseri ammalianti e celestiali.

Ma chi era “la giovane tarantina”? Per saperlo, basterà ripercorrere i versi del poeta André Chénier, morto ghigliottinato a soli 32 anni durante la Rivoluzione, di cui l’opera di Schoenewerk è la granitica rappresentazione.

La sua poesia La jeune tarantine narra una struggente e delicata storia d’amore, una giovinezza spezzata da un destino ingiusto.  Di seguito i versi che hanno commosso intere generazioni di poeti ed artisti.

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La Jeune Tarantine di André Chérnier

La giovane tarantina è una splendida fanciulla che si imbarca su una nave per raggiungere Camarina, l’antica città siciliana in cui l’attende il futuro sposo. Sola sulla prua della nave, intenta a contemplare le stelle, viene spinta in acqua da un vento improvviso e impetuoso. La ragazza, impossibilitata a chiedere aiuto, viene trascinata verso il fondo del mare e affoga tra i flutti del Canale di Sicilia.

È vissuta, Myrto, la giovin Tarentina!
Un vascello la portava sulla sponda di Camarina.
Cade, grida, è in seno ai flutti. È in seno ai flutti, la giovin Tarentina!
Il suo bel corpo è rotolato sotto l’onda marina.

Teti, la più bella delle ninfe del mare, assiste commossa alla tragedia e prega le altre Nereidi perché la aiutino a condurre il corpo della fanciulla fino alle sponde della spiaggia di Camarina, così da sottrarla alla furia dei mostri degli abissi.

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Sulla spiaggia, il suo corpo viene dolcemente adagiato all’interno di una cassa di cedro, in tutto simile a quella che conteneva il suo corredo di sposa, e vegliato da un luttuoso corteo composto dalle Nereidi e dalle ninfe dei boschi vicini.

E così, la giovane tarantina non è mai riuscita a tornare dal suo amato, a indossare il suo abito da sposa, né i dolci profumi hanno più potuto impregnare la sua bionda chioma per la festa.

Ahi mai più ti cingeran le braccia dell’amante
né vestirai di sposa la veste nuova fiammante.
Gli ori non brilleranno come i tuoi occhi belli.
Né spargeran profumi sui tuoi biondi capelli.

Cherniér non venne mai nella città dei due mari, ma la sua poesia contribuì a diffondere il mito della Taranto classica negli ambienti culturali europei del Neoclassicismo, e a dimostrare quanto l’Europa dei poeti e degli artisti fosse sensibile al fascino della nostra città e delle sue incantevoli abitanti.

 

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