Ci tengo a precisare che a fondamento di questo articolo non vi è il malcelato tentativo di esaltare le mie virtù. La città che ha dato i natali alla sottoscritta non è Taranto, purtroppo. O per fortuna.
Se infatti questa è di solito una circostanza che mi getta nello sconforto (perché, perché non sono tarantina???), oggi la vivo come una grossa opportunità. Insomma, posso tessere le lodi della bellezza locale senza che si configuri alcun conflitto di interessi, senza risultare una pretestuosa egocentrica, e affrontare l’argomento con la stesso rigore scientifico di Piero Angela.
Per i miscredenti, preciso che il fatto che le tarantine siano tra le più belle donne dell’universo conosciuto non è un’opinione personale, ma una verità che si impone con la stessa forza di un sillogismo aristotelico. Non solo: posso addurre a sostegno di questa tesi tanto di prove e di testimoni. Elementare, Watson.
Intendiamoci, basta fare un giro in centro per accorgersi che non sto vaneggiando ma, per dare maggiore attendibilità a questo articolo, ho deciso di chiamare in causa le illustri personalità del passato che hanno speso moltissime parole nel decantare la bellezza tarantina.
La loro penna incontrerà la vostra fiducia molto più della mia tastiera.
Facce celesti con gli occhi splendenti, simili a superbe creature;
che mai si vide in tante tanta bellezza
quanta nelle donne tarantine s’apprezza…
(Ruggiero Pazienza – Consigliere di Isabella d’Aragona – 1497)
Gli architetti greci, le prime vittime
Che le donne tarantine fossero di una rara bellezza, ne è piena la letteratura. Ad esempio, ai tempi di Niceforo Foca accadde qualcosa di sorprendente.
L’Imperatore bizantino fece infatti arrivare architetti dalla Grecia perché ricostruissero la città dopo la distruzione dei Saraceni, ma, a lavoro concluso, molti non vollero tornare nella terra natia perché innamorati perdutamente delle donne di Taranto.
Ad esse si unirono in matrimonio e ne nacque una lingua strana, un misto di greco e latino, tanto che ancora oggi, nel linguaggio dialettale, è rimasta qualche traccia di vocaboli dal sapore “esotico”: babbione, citro, paturnia, vastàse, rummàte, vummìle… tutte parole derivate dall’incrocio con la lingua greca.
Facciamo un salto di qualche secolo. Elisio Calenzio, precettore di Federico I d’Aragona, volendo fare ingelosire la sua amata Olimpia, scrive in De Puellis Tarentinis un paio di righe in lode alle tarantine: “tali che non hanno venerato nessuna divinità, se non Venere”. Insomma, talmente belle da non dover ringraziare nessuno!
Donne di Taranto: la “Tarentilla” di Nevio
La “Tarentilla”, ovvero la ragazza di Taranto, è descritta da Nevio in una commedia che ha come protagonisti due giovani che si recano a Taranto assieme ai loro servi; qui si abbandonano agli stravizi e perdono letteralmente la testa per la stessa ragazza:
Come al gioco della palla, si porge dandosi a vicenda e si concede a tutti: a uno fa cenni, a un altro ammicca; fa l’amore con uno, tiene stretto un altro; ha la mano occupata con uno, un altro la stuzzica con il piede; a uno fa ammirare l’anello, a un altro parla col movimento delle labbra; mentre canta a uno, a un altro traccia lettere col dito.
La Tarentilla è maliziosa, civettuola, una perfetta femme fatale. Il fascino da lei esercitato è smisurato, tanto da indurre i due giovani a dilapidare il loro patrimonio per assecondare ogni suo capriccio.
Alla fine intervengono i genitori dei ragazzi che li rimproverano e li convincono a tornare a casa, senza che nessuno dei due sia riuscito nell’impresa di conquistare la fanciulla.
Certo, messa così, non viene fuori un ritratto esattamente lusinghiero della donna tarantina. Tuttavia, dobbiamo riconoscerne l’indiscutibile bellezza, la consapevolezza dei propri mezzi, l’astuzia di flirtare con l’uno e con l’altro, pur senza concedersi a nessuno dei due, al solo scopo di ottenere ciò che desidera.
La lana di Plottide, la bella tessitrice
La bellezza delle donne di Taranto non è da intendersi solo come bellezza fisica, come apparenza, ma anche come forza dello spirito e bontà d’animo, il che ci porta alla storia di altre due donne, stavolta (non me ne voglia la “Tarentilla”) di sani principi. Ecco, l’ho detto.
Partiamo da Plottide. Sapevate che Taranto era famosa per la qualità della sua lana? Una lana talmente pregiata che le pecore venivano ricoperte con un manto di cuoio, nutrite con particolare attenzione e, prima di essere tosate, venivano lavate nelle acque del Galeso con le radici di una erba detta “lanaria”.
Da queste lane si otteneva la tarantinìdion, usata per le vesti delle danzatrici e delle donne più ricche perché particolarmente soffice e leggera, a tratti trasparente, tipo “vedo/non-vedo” (e, per questo, considerata a volte sconveniente). Un vero must per l’epoca, mettiamola così.
La lavorazione della lana era un compito affidato esclusivamente alle donne. Leonida da Taranto ha immortalato nei suoi versi una tessitrice di nome Plottide, la cui bellezza è rimasta intatta fino all’ultimo giorno della sua vita:
E così Plottide bella
che bellamente tesseva
ottantenne sull’onda
dell’archeronte varcò.
La storia di Eraclea e della cicogna
Plinio il Giovane ci parla di un’altra bellezza di Taranto. Il suo nome è Eraclea, donna casta e onesta. Pur essendole morto il marito, non vuole più nessuno accanto a sé, convinta che quel primo amore debba essere anche l’unico.
Un giorno vede cadere un uccellino da un nido di cicogna. Mossa a compassione, lo raccoglie tra le mani, gli cura la zampetta ferita e lo nutre finché non diventa capace di volare.
Qualche tempo dopo, mentre si trova seduta accanto al sepolcro del marito, torna da lei la cicogna, le si posa in grembo e si lascia cadere dal becco una preziosa gemma. Questo è il suo dono per la bella Eraclea, un gesto di ringraziamento per averla salvata con un atto d’amore nel momento del bisogno.
Debite conclusioni
Bene, tiriamo le somme di questo articolo. A conclusione di questa lettura abbiamo imparato che:
- le donne di Taranto sono belle, oggi come ieri, dentro e fuori;
- in passato, gli uomini erano più in gamba nel fare complimenti e lusingare il gentil sesso;
- la cicogna non porta solo neonati ma, occasionalmente, anche pietre preziose.
Se vi è piaciuto questo articolo, non dimenticate di mettere “Mi piace” alla pagina Facebook di Taranto Magna! Oppure, lasciatemi i vostri commenti in basso!
“Le donne di Taranto” di Domenico Selliti
Foto di copertina “Affresco donne di Cnosso”, da Flickr: http://www.flickr.com/photos/cavorite/98591365/in/set-1011009/
Seguimi sui Social!