Le pettole tarantine sono soffici nuvole di pasta fritta che si preparano il giorno di Santa Cecilia e durante le festività natalizie. La tradizione vuole che vengano servite rigorosamente calde e cosparse di zucchero, ma ad alcuni (me medesima) piacciono anche nella versione salata, riempite cioè con acciughe, pomodorini e capperi.

Scopro con sommo stupore che le pettole tarantine possono avere come ripieno anche cozze crude, pezzi di parmigiano, baccalà o wurstel. Penso che mi immolerò per la collettività e le gusterò anche in queste versioni ma, sia chiaro, solo per farvi sapere se ne vale la pena.

Un’altra cosa che mi era ignota è che in dialetto tarantino le pettole vengono definite “I’ cuscin’ du Bambinell” per sottolinearne la morbidezza.

Le pettole sono un piatto molto semplice da preparare e la loro provvidenziale comparsa nelle nostre tradizioni culinarie risale all’errore di una casalinga disperata.

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Come nacquero le pettole tarantine

Il giorno di Santa Cecilia, la smemorata protagonista di questa storia preparò l’impasto per il pane ma lo lasciò lievitare troppo a lungo. Venne infatti catturata dalla musica degli zampognari e si mise a seguirli per i vicoli della città.

Tornata a casa, scaldò l’olio e vi tuffò dentro delle palline di pasta, non essendo ormai questa utilizzabile per il pane. I suoi figlioletti apprezzarono tantissimo la nuova ricetta e chiesero alla mamma come si chiamasse. Lei rispose “Pettel”, pensando ad una mini-versione della focaccia che in dialetto tarantino si chiama “pitta”.

Le pettole riscossero grande successo e la donna ne servì una porzione anche agli zampognari che, con il dolce suono delle loro pastorali, avevano reso possibile l’invenzione di questa gustosa e, per noi, irrinunciabile ricetta.

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Piccoli trucchi per preparare le pettole

Il segreto della morbidezza delle pettole sta nell’energia con cui viene lavorata la pastella. In passato, quando le famiglie erano più numerose (pensate alle dosi!) e non esistevano gli strumenti da cucina moderni, impastare richiedeva un certo sforzo e una scatola di integratori vitaminici, considerando che la preparazione cominciava all’aba per permettere di servirle a colazione.

Per lasciare riposare meglio l’impasto, lo si copre con uno strofinaccio o con una coperta e lo si posiziona in un luogo caldo e asciutto (chi ce l’ha, vicino al camino acceso).
La padella per la frittura deve essere piuttosto alta e le pettole devono letteralmente sguazzare dentro l’olio per evitare che l’interno resti crudo.

Per i tarantini queste deliziose palline dorate sono un autentico simbolo in quanto annunciano l’arrivo del Natale e in moltissimi, nel giorno di Santa Cecilia, preparano anche l’albero e il Presepe.

Ricetta delle Pettole

Ingredienti: 500gr di farina, 250-400mL di acqua tiepida, ¼ cucchiaio da cucina di sale, 1 cucchiaino di zucchero, ¼ lievito di birra.

In una coppa, pesare la farina, aggiungere il sale e mescolare. Sminuzzare, sulla farina, il quarto di panetto di lievito, aggiungere lo zucchero e sciogliere il lievito con un po’ di acqua.
Impastare con un cucchiaio aggiungendo man mano l’acqua fino ad ottenere un impasto omogeneo.

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Lasciare lievitare per 3-4 ore coprendo la pasta con un coperchio o una tovaglia. Più tempo l’impasto lievita, più le pettole verranno morbide.

In una padella per friggere, aggiungere abbondante olio di oliva e farlo riscaldare. Prendere un po’ di pasta e versarla nell’olio aiutandosi con un cucchiao. Lasciare che si dorino, girandole di tanto in tanto. Scolare le pettole e servirle caldissime!

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